Unmute
Unmute is the result of Elena's ongoing work dealing with sound and poetry. It is based on the Italian poetess Mariangela Gualtieri’s text “Mi scivolavano violini dalle mani”, from her collection of poems “Bestia di Gioia” (published by Einaudi, 2010).
Elena created a virtual space of passage and intersection between poetic text and sound; that space took the form of a composition made up of recordings - soundscapes, noises, voices of friends and strangers - mixed with electronic rhythms and melodies she made using her laptop.
The voice in our head sounds like a certain degree of silence. It trembles like silence when it fills
up the gaps in our thoughts.
So I unmute.
A manifestation of joyful existence breaks up into a thousand little objects scattered around this
street I’m walking down. Insignificant city textures, unimaginable conversations, demolished
buildings and the cloudless sky can’t contain themselves in this quiet.
So I unmute them.
I’m a speck of dust rolling to capture these voices. A reader with ears bigger than my eyes. An
object like all the others, a sound like all the others, I feel just like the landscape that holds me.
So i unmute it.
I have no reason to remain silent. Nothing has a reason to remain silent.
This is her poem.
Mi scivolavano violini dalle mani –
il cuore cadeva al pensiero
che vi fosse inganno in quell’andare all’alba
in quel precipitarsi senza nome.
Mi scivolavano ciocche di capelli
per il dubbio di essere sola al mondo
trafitta da menzogne mattutine
che mi annebbiavano.
Volevo allora una solitudine indiana
lontana lontana
una lingua non mia in cui tentennare
in cui tacere le astuzie degli uomini
che corrono fra delle braccia non mie
e spettinano capelli non miei e si gettano
nelle finte lotte dell’amore.
Ah, la leggerezza dei fanciulli –
manca da queste mura
di casa abitata dai miei passi svogliati
dai miei aggiramenti
da camera a camera
da letto a tavolino da finestra a
termosifone da scala a scalino
a porta a cuscino a pavimento rosso.
Sul quale non cadono lacrime
ma antichi capelli e pesanti
parole che la penna non vuole da sè
abbeverare e ripulsa in gabbiette
di piccolo dolore, pompando pompando
l’esile cuore il suo battere dinamitardo
il suo sgusciare le solitudini e
inghiottirle dal palmo della mano.
Io seguirò la tua pista menzognera.
Un giorno ricalcherò il disegno dell’inganno
la pista menzognera. Sputerò la parola
infracidita che mentendo crolla
il vocabolario in un grido fasullo.
Varcherò le tue segrete porte
con una gittata pericolosa ti colpirò
addobberò d’inferno tutta la scena
fino a quest’ultimo addio
corroso a poco a poco. Fino alla rovina
delle mani che non toccano più
l’amato riso e giacciono
nel pietrificato grido –
in questa rotatoria senza uscita.
Corri a inaugurare una stella indivisa
una pennellata di rosso e oro
nel buio del precipizio. La sommità
del campo santo. Il baricentro dell’ombra.
Tutto è pronto per la tua verità.
Dilla. Ora.
Unmute
Unmute is the result of Elena's ongoing work dealing with sound and poetry. It is based on the Italian poetess Mariangela Gualtieri’s text “Mi scivolavano violini dalle mani”, from her collection of poems “Bestia di Gioia” (published by Einaudi, 2010).
Elena created a virtual space of passage and intersection between poetic text and sound; that space took the form of a composition made up of recordings - soundscapes, noises, voices of friends and strangers - mixed with electronic rhythms and melodies she made using her laptop.
The voice in our head sounds like a certain degree of silence. It trembles like silence when it fills
up the gaps in our thoughts.
So I unmute.
A manifestation of joyful existence breaks up into a thousand little objects scattered around this
street I’m walking down. Insignificant city textures, unimaginable conversations, demolished
buildings and the cloudless sky can’t contain themselves in this quiet.
So I unmute them.
I’m a speck of dust rolling to capture these voices. A reader with ears bigger than my eyes. An
object like all the others, a sound like all the others, I feel just like the landscape that holds me.
So i unmute it.
I have no reason to remain silent. Nothing has a reason to remain silent.
This is her poem.
Mi scivolavano violini dalle mani –
il cuore cadeva al pensiero
che vi fosse inganno in quell’andare all’alba
in quel precipitarsi senza nome.
Mi scivolavano ciocche di capelli
per il dubbio di essere sola al mondo
trafitta da menzogne mattutine
che mi annebbiavano.
Volevo allora una solitudine indiana
lontana lontana
una lingua non mia in cui tentennare
in cui tacere le astuzie degli uomini
che corrono fra delle braccia non mie
e spettinano capelli non miei e si gettano
nelle finte lotte dell’amore.
Ah, la leggerezza dei fanciulli –
manca da queste mura
di casa abitata dai miei passi svogliati
dai miei aggiramenti
da camera a camera
da letto a tavolino da finestra a
termosifone da scala a scalino
a porta a cuscino a pavimento rosso.
Sul quale non cadono lacrime
ma antichi capelli e pesanti
parole che la penna non vuole da sè
abbeverare e ripulsa in gabbiette
di piccolo dolore, pompando pompando
l’esile cuore il suo battere dinamitardo
il suo sgusciare le solitudini e
inghiottirle dal palmo della mano.
Io seguirò la tua pista menzognera.
Un giorno ricalcherò il disegno dell’inganno
la pista menzognera. Sputerò la parola
infracidita che mentendo crolla
il vocabolario in un grido fasullo.
Varcherò le tue segrete porte
con una gittata pericolosa ti colpirò
addobberò d’inferno tutta la scena
fino a quest’ultimo addio
corroso a poco a poco. Fino alla rovina
delle mani che non toccano più
l’amato riso e giacciono
nel pietrificato grido –
in questa rotatoria senza uscita.
Corri a inaugurare una stella indivisa
una pennellata di rosso e oro
nel buio del precipizio. La sommità
del campo santo. Il baricentro dell’ombra.
Tutto è pronto per la tua verità.
Dilla. Ora.